La Ca'Granda dopo i bombardamenti del 1943

6. La Ricostruzione postbellica

Non solo fabbriche, stazioni ferroviarie, siti militari strategici: a Milano gli obiettivi dei bombardieri angloamericani, tra l’ottobre del 1942 e l’agosto del 1943, furono anche edifici religiosi, monumenti artistici, addirittura scuole e, appunto, strutture sanitarie e culturali, tra le quali l’Ospedale Maggiore, in cui maggiormente si identificava la popolazione.

Le bombe cadute tra il 13 e il 16 agosto 1943 causarono il crollo di una parte della facciata che dà su via Festa del Perdono, la distruzione del Cortile d’Onore, con la conseguente perdita dei portici, e seri danneggiamenti dei chiostri laterali. È in particolare a un grande architetto milanese che si deve il restauro di ciò che era ancora recuperabile e la reinvenzione di quanto era andato irrimediabilmente perduto, vale a dire Liliana Grassi (1923-1985), la cui opera consistette nel sapiente utilizzo di metodologie diverse a seconda delle necessità ricostruttive.

La prima fase dei lavori riguardò la risistemazione dell’ala ottocentesca, destinata alla didattica, in cui l’intervento poté essere più creativo visto che il valore artistico di quella parte del complesso era inferiore a quello del resto dell’edificio. Sfida maggiormente impegnativa fu la ricomposizione per anastilosi del Cortile d’Onore, culminata nel 1958 con l’inaugurazione della nuova sede dell’Università degli Studi.

Negli anni Sessanta iniziò poi la fase delicata del restauro dell’ala quattrocentesca e, in particolare, dei quattro chiostri. Il lavoro di recupero e di ristrutturazione, parallelo alla costruzione ex novo di alcune sezioni, poggiò su una metodologia rigorosa, basata su un’attenta analisi delle fonti documentarie e iconografiche, che ha saputo preservare l’originaria orditura della struttura. Il 31 ottobre del 1984, gli interventi diretti da Grassi culminarono nella consegna della Crociera all’Università.

 

Nell’immagine: Il Cortile centrale dopo i bombardamenti dell’agosto 1943. Foto di Farabola.
Per gentile concessione dell’Archivio Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.

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